La legge sul Biotestamento appena approvata parla chiaro in termini di “Consenso Informato”: qualsiasi tipo di trattamento sanitario, per poter esser effettuato, deve esser prima sottoposto alla totale attenzione della persona interessata, restituendole, così, il pieno potere di decidere della propria vita.

Ogni paziente ha, difatti, il diritto di ricevere le giuste e corrette informazioni sul proprio stato di salute. Deve, altresì, avere pieno potere decisionale sulle sue condizioni cliniche in qualsiasi fase del trattamento sanitario.

Nello specifico, nella legge viene stabilito “che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata (…)” la quale, perciò, dovrà sapere in cosa consisterà il trattamento sanitario a cui sottoporsi ed essere pienamente consapevole di ogni suo risvolto ed ogni sua conseguenza o controindicazione.

Solo se le informazioni saranno chiare e cristalline il paziente, sentendosi del tutto coinvolto e informato sulle sue condizioni cliniche, potrà riporre la propria fiducia nell’intera equipe che di lui si prende cura non sentendosi più destituito del controllo della propria vita, in linea con quanto è riportato nella legge: “È promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico (…)”.

Sempre sul testo: “In tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari (…)” ad evidenziare come sia indispensabile che il paziente sia consapevole di ciò che gli sta capitando, ma che, solo se lui stesso “lo desidera”, i familiari dovrebbero essere informati. Non di rado, invece, capita di trovarsi in situazioni contrarie in cui gli unici ad esser veramente edotti di quanto sta capitando sono soltanto i familiari della persona interessata, gli stessi familiari a cui si lascia poi la possibilità di scegliere se rendere o non rendere cosciente il paziente delle sue condizioni cliniche. Così facendo si ben comprende, però, che il rapporto di fiducia medico-paziente non può che essere inficiato.

Continuando, si legge, inoltre, che “Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefìci e ai rischi (…)”. Punto che mette in risalto l’importanza che l’intera equipe di professionisti che ruotano intorno al paziente debba utilizzare un linguaggio fluido, comune a tutti, facilmente comprensibile e per niente “tecnico” in modo da dare al paziente la possibilità di capire bene e nel dettaglio la sua situazione, salvo che non decida di rifiutare di ricevere tutte (o in parte) le informazioni a suo carico decidendo di “(…) indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole (…)”.

In ogni caso, la legge sul Biotestamento dà alle persone interessate “(…) il diritto di rifiutare, in tutto o in parte (…) qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico (…). Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento (…) il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento”. Ogni paziente, perciò, ha, non solo il diritto ad un consenso libero e informato, ma detiene anche il diritto di revocarlo in qualsiasi momento lo ritenga opportuno, rifiutando qualsiasi tipo di cure. Fermo restando che, a seguito di una sua rinuncia, il medico debba prospettare “al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica (…)” evidenziando, anche in questo caso, che la possibilità di informare i familiari può esserci solo previo consenso da parte dello stesso paziente, non il contrario, evidenziando l’importanza dei servizi di assistenza psicologica, ai quali ogni persona interessata, insieme ai suoi familiari, quando informati, dovrebbe far riferimento nei casi in cui si trova, purtroppo, in situazioni drammatiche come può essere, ad esempio, una malattia terminale.
In ogni caso “Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente (…)”.

Altro elemento che spicca nell’attuale legge sul Biotestamento, quello che in realtà sembrerebbe rimanere ai margini dell’argomento, ma che in realtà ha un’importanza non da poco è la continua formazione che l’intera equipe di professionisti deve mantenere nell’ambito, non solo delle cure palliative e della terapia del dolore, ma anche e, aggiungerei soprattutto, “in materia di relazione e di comunicazione con il paziente” tramite lo sviluppo di relazioni empatiche che favoriscono collaborazione e fiducia all’interno del rapporto medico-paziente.

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